L’opinione: Renzetti, il Lugano e il ruolo dell’allenatore

scritto da Davide Perego

di Flavio Ferraria
E’ inevitabile chiedersi  come 
avvenga la scelta di un allenatore, in base a quali criteri specifici ed
a quali conoscenze dirette. Ed è scontato 
definire appieno il senso di un progetto. Il Lugano è un’entità concreta
del calcio svizzero. Oggi  la filosofia
della società e il ruolo di Renzetti, che stavolta è sceso in campo, ha
afferrato i pieni poteri, ha avocato a sé competenze. L’idea di calcio, quindi il
futuro, va concepita ora, modellata attraverso la fusione tra lo spessore di
chi dovrà guidare il Lugano dalla panchina 
e le strategie di chi comanda: serve empatia, vero, ma anche una chimica
un po’ speciale, che sia utile per definire le strategie, gli interventi
strutturali la definizione d’un ruolo all’interno del sistema. Renzetti è stato
un manager equilibrato in questi anni.

Però il calcio è anche altro,non solo
vago riferimento al modulo, ma “ profondità” all’interno di un meccanismo che
ha bisogno di specializzazioni di una ampiezza 
che sia in grado di rispondere a qualsiasi domanda. Ecco: Renzetti vuole timbrare il
Lugano da sé, ascoltando Sforza,
incontrando Jacobacci, meditando su Zeman scrutando gli orizzonti e avvalendosi
però esclusivamente  di ciò che sa. Il calcio
è scienza misteriosa, che non prescinde da alcuni capisaldi, e un allenatore  e un club hanno molti interrogativi da porsi:
e tra come giocare (a tre, a quattro, come vi pare), con chi farlo (puntare
sui giovani o su qualche vecchietto, su gli svizzeri o sugli stranieri) spunta
pure altro, il retroterra del tecnico, la sua capacità di assemblarsi con ciò
che esiste, la sua naturalezza di mescolarsi a ciò che sarà, le proprie
inclinazioni nella gestione, la compatibilità, l’autorevolezza, lo spessore,
ciò che non è necessariamente inserito nel curriculum. Altrimenti diviene un
esercizio pleonastico.

Leggi anche questi...