Legamenti crociati, ma quanto tempo serve per la riabilitazione? Ecco alcune risposte

scritto da Walter Savigliano

Crociati – la riabilitazione

Nello scorso articolo abbiamo capito quali sono i fattori di rischio e le modalità di insorgenza degli infortuni ai crociati rispetto alle varie fasi della stagione calcistica.
Ma una volta occorso questo incidente, al di la degli aspetti chirurgici sui quali soprassediamo in questo approfondimento, ci avete scritto da più parti per chiederci:
– ma è vero che per recuperare ci vogliono 6 mesi?
– ma è vero che se piego piano piano il ginocchio tutti i giorni posso “riabilitarmi da solo a casa”?
– ma è vero che poi non si ritorna più come prima?

Andiamo con ordine. E’ cosa certa che un intervento di ricostruzione del Legamento Crociato Anteriore (LCA) è una cosa seria, ed uno stress per l’arto che d’un tratto, non solo subisce un trauma distorsivo al ginocchio con tutto quel che ci va dietro, ma anche la coscia (la parte alta dell’arto inferiore) subisce delle conseguenze perché da alcuni muscoli della coscia vengono prelevati (secondo le varie tecniche chirurgiche) i lembi di tessuto (parti finale dei tendini) per “ricostruire” il LCA.
Ora, è chiaro che, se tolgo letteralmente un pezzo ad un muscolo, poi questo muscolo ne risente.

Ma l’esperienza clinica dice che si può fare! Per cui, calma e cerchiamo di uscirne nel migliore dei modi.
Ma torniamo al primo quesito: è vero che per recuperare ci vogliono 6 mesi?

In realtà questo dipende da molti fattori. Ricordo, ai tempi Roberto Baggio, che fu riabilitato e tornato in campo in 75 giorni. Stabilendo un nuovo “stato dell’arte”, difficilmente eguagliabile.

Ricordo a quei tempi che si usavano ancora gli elettrostimolatori, ed in riabilitazione si usavano anche apparecchiature sofisticate come i macchinari per isocinetica.
La kinesiterapia e la riabilitazione in acqua, facevano poi il resto.
Ma accelerare il recupero a quale prezzo?

Abbiamo visto che anche i muscoli della coscia vengono “toccati”, ma occorre dire anche che molto spesso si coglie l’occasione di un intervento di questo tipo per riallineare la gamba con il ginocchio, attraverso un intervento ortopedico alla Tibia (l’osso principale della gamba, quello che si cerca di salvare con i “parastinchi” dai contrasti degli avversari irruenti). A questo punto TUTTO l’arto inferiore ha la necessità di recuperare un condizione fisica, di imparare un “nuovo equilibrio funzionale” (per questo si fanno i cosiddetti esercizi propriocettivi. E da lì in poi, si ripresenta il discorso riatletizzazione, e ricondizionamento in fatto di forza e resistenza allo sforzo dal punto di vista generale (sì, generale perché un giocatore che rimane fermo per alcuni mesi si decondiziona anche alla parte sana se non si allena).
Per cui, quanto tempo di fermo possiamo preventivare? Direi dai 4 ai 6 mesi secondo le condizioni generali, l’iter riabilitativo e la necessità di ritornare in campo.

Ma è vero che se piego piano piano il ginocchio tutti i giorni posso “riabilitarmi da solo a casa”?

Purtroppo NO! Questa rubrica è nata anche con l’obiettivo di dare indicazioni utili per iniziare a curarsi da soli a casa, ma non sempre è possibile!
In questo caso, significherebbe delegare troppa responsabilità al recupero spontaneo che, si badi bene, è possibile, ma a caro prezzo. Nel frattempo che si aspetta che il ginocchio si sgonfi, che il dolore alla mobilizzazione passi, il nostro metabolismo cannibalizza la muscolatura, destruttura tutto il controllo neuromuscolare, e finiamo per ritrovarci tagliati fuori per un bel pezzo.

In questi casi è meglio favorire ed accelerare il recupero nelle primissime fasi, attraverso metodiche che favoriscono la deplezione dell’edema, la riorganizzazione dell’effetto “taglia e cuci” del chirurgo, e per arrivare alla soglia dei 15 giorni dopo l’intervento in condizioni ottimali per gestire un recupero muscolare ed articolare.
Le metodiche più evolute in ambito professionistico utilizzano tecniche elettromanuali a microcorrenti che hanno dimostrato di riuscire ad accelerare di 5 volte la produzione di ATP (il carburante dei muscoli) e di essere un “turbo” nella guarigione delle ferite (son tecniche che discendono dall’ambiente vascolare nella cura delle piaghe e ulcere diabetiche). L’effetto immediato è una risoluzione velocissima dell’edema, ed un contemporaneo miglioramento dell’articolarità senza sofferenza per l’infortunato.

La sensazione, dopo un trattamento di questo tipo, è di essere stato toccato da una sorta di incantesimo.
Come se per magia, l’arto diventasse meno infiammato, più sciolto e meno dolente.
E’ un qualcosa difficile da immaginare, ma immediato negli effetti.
Di solito si alternano 1-2 sedute settimanali di questo trattamento con il Fisioterapista al percorso classico di kinesiterapia passiva, per un recupero più accelerato sì, ma anche più corretto e fisiologico.

Ma è vero che poi non si ritorna più come prima?

Non si ritorna più perfetti come la natura crea. Ma è ovvio che molto dipende anche dal tipo di intervento, e dal recupero indotto dalla riabilitazione.
Non tutti gli interventi riescono perfetti. Capita, per esempio, che una ricostruzione del LCA risulti “stretta”. Questo succede quando il nuovo impianto è stato creato un po’ più corto di quel che sembrerebbe l’ideale. In realtà un LCA ricostruito correttamente, i primi giorni post intervento, risulta più corto (ed il ginocchio fatica ad estendersi completamente). Recupererà poi con il tempo la completa estensione.

E’ la situazione ideale? Diciamo di “NI”. Ma meglio un impianto stretto che con il tempo poi cede, piuttosto che un neo-impianto lasso, nel quale il ginocchio si estenda da subito completamente che poi, con il tempo, cede e non stabilizza correttamente l’articolazione del ginocchio.
Stabilizzare il ginocchio nella dinamica del movimento, è questo che deve fare il LCA.
Per cui, se l’impianto uscisse lasso, a poco servirebbe farlo.
Buon recupero!

Alla prossima!

(articolo a carattere divulgativo a cura di
Nicola Dacomo – Fisioterapista – Campione d’Italia)

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