I traumi con lesioni più o meno importanti alla caviglia ed ai suoi legamenti arrivano a raggiungere il 23% di tutti gli infortuni nel calcio professionistico, ed addirittura un 35% in ambito dilettantistico.
Tra queste, le più frequenti sono quelle ai “legamenti laterali”, intendendo con questo i legamenti presso la parte più esterna della caviglia. Si tratta in pratica di lesioni che possono essere comuni anche a chi inciampa in un sasso, o alla signora che ha un brutto rapporto con i tacchi alti 😉
Ma qualsiasi legamento, anche nella parte interna, può lesionarsi in cadute dall’alto, o contrasti in campo, o per l’entrata aggressiva di un avversario durante un contropiede.
A parte il dolore (che accompagna qualsiasi tipologia di infortunio), l’esperienza pressoché immediata è di comparsa di gonfiore (edema) e quasi sempre di versamento ematico (il sangue fuoriuscito dalle strutture lese crea dei vistosi ematomi blu-verdognoli) già nelle prime ore.
A questo punto, che fare se dopo una brusca caduta il giocatore ha un dolore intenso che non gli permette di appoggiare il piede a terra?
I cosiddetti “criteri di Ottawa” suggeriscono di effettuare subito una Radiografia, perché è molto probabile che la caviglia sia gravemente infortunata.
Ma se la cosa “sembra” gestibile, il protocollo di trattamento più pratica è il cosiddetto R.I.C.E.(rest – ice – compression – elevation), ovverosia un insieme di “rimedi” che consistono nel:
– mettersi a riposto (rest)
– ice (utilizzare impacchi con la borsa del ghiaccio)
– compression (fasciare la caviglia per limitare l’edema)
– elevation (gamba in alto per favorire il ritorno venoso e linfatico)
– Sulla gestione del “rest” (riposo) credo non ci sia nulla da sottolineare.
– Per quanto riguarda “ice” (ghiaccio) occorre tenere in considerazione alcune variabili. C’è infatti chi pensa che il ghiaccio si possa tenere ininterrottamente per mantenere la temperatura bassa e creare “vasocostrizione”, ma in realtà occorre tenere presente che i tessuti soffrirebbero perché la vasocostrizione funziona anche in “andata”, ovvero, arriverebbe meno sangue ricco di ossigeno. Per cui non è che vada bene! Occorre utilizzarlo per non più di 20 minuti di seguito, ed avvolgere la borsa del ghiaccio in un telino per evitare che la borsa del ghiaccio vada a contatto diretto con la cute.
– “Compression” (compressione). Sì, ok…. Ma qui occorre fare analoghe considerazioni al punto precedente. Se un arto viene fasciato molto stretto è pur vero che gli si impedisce di gonfiarsi, ma bene o male, gli si impedisce anche di venire correttamente nutrito dal sangue arterioso. E su questo punto è facile capire che “le abitudini” possono essere sbagliate. Infatti è frequentissimo che la caviglia lesa, seppur gonfia, si presenti fredda! Strano no? Ma adesso avete capito perché….
– “elevation” (elevazione). Avete mai visto quello che ha avuto una distorsione di caviglia, lo andate a trovare a casa, e toh: lo vedete seduto sul divano, con la gamba sulla sedia?
Beh… sbagliato! Innanzitutto perché, se si appoggia la gamba e rimane “sospesa” la parte dietro al ginocchio, i legamenti del ginocchio vengono sollecitati in modo inopportuno. E poi occorre sapere che per “drenare” correttamente un arto è necessario che la parte da drenare (il piede in questo caso) sia posizionata più in alto del cuore. Solo così si avrà un drenaggio efficace.
Se invece appoggiamo solamente la gamba più in alto del bacino, l’edema troverà più semplice fermarsi ai linfonodi dell’inguine ed a rendere poco efficace il mantenimento della postura ….da divano.
E se i legamenti sono talmente malconci da dover operare?
Con le tecniche microchirurgiche più evolute, si riesce a concedere il carico in una quindicina di giorni, e la ripresa dell’attività sportiva in circa 4 mesi, ma… occhio al recupero!
Senza una valida Riabilitazione, la situazione può complicarsi, i tempi possono allungarsi, ed aumentare il rischio di andare incontro a dolorose recidive.
(articolo a carattere divulgativo a cura di
Nicola Dacomo – Fisioterapista – Campione d’Italia)