Superlega, ecco il parere di qualcuno a cui piace il calcio

scritto da Redazione

Ci ha scritto un caro lettore, che ci segue da tempo, a cui sta a cuore questo sport, come a tantissimi di noi. Ecco il suo pensiero, percepiamo una certa emozione nelle sue parole..

Cara redazione di Chalcio.com, volevo condividere con voi qualche pensiero che ho buttato giù oggi dopo tutte le polemiche per la creazione della Superlega Europea. La mia non vuole essere né una presa di posizione a favore né contraria. Diciamo che questo scritto è il frutto di un flusso di pensieri che ho deciso di mettere nero su bianco. Ho deciso di condividerlo con voi perché so che siete nutriti dalla mia stessa passione per il calcio, con un occhio di riguardo a quello giovanile, dove prima che calciatori, si formano gli uomini di domani.

Oggi è morto il calcio. Ovviamente è morto metaforicamente parlando. Non è la costituzione della nuova SuperLega ad averne decretato la fine. È la lampante avidità che si cela dietro tutto il sistema ormai malato da anni. Ho vissuto gli anni ’90 da bambino che seguiva le gesta della sua amata Inter e del suo magico Lugano. Mi sono innamorato di questo sport, mi sono innamorato di Walter Zenga, di Gianluca Pagliuca e di Philipp Walker tanto da decidere di giocare e fare il portiere.

Nemmeno a dirlo tutto questo si traduceva in ginocchia sbucciate, gomiti spellati e una miriade di pallonate in faccia. Ma ero felice. Felice di poter inseguire il sogno che un giorno sarei stato come i miei idoli. Capaci di volare tra i pali a difesa della mia squadra del cuore. Gli anni passavano e il mio amore per questo sport sembrava crescere giorno dopo giorno, sempre coltivando quel sogno impossibile di arrivare lì, a calcare quei campi che potevo sognare solo attraverso la TV. Di anni ne sono passati, tanti o pochi è relativo, ma ne sono passati.

Il calcio che ammiravo e sognavo è andato piano piano sbiadendosi, lasciando spazio ad un’idea di sport come un’azienda ed in quanto tale, volta a fare profitto. I calciatori si sono trasformati da idoli dei ragazzini, a vacche da mungere il più possibile, aumentando a dismisura il numero delle partite. Tutto questo ha portato alla proliferazione di giocatori che sembrano più supereroi che calciatori. Uomini dal fisico impeccabile, capaci di sforzi disumani che solo 30 anni fa non erano nemmeno pensabili. Tutto ciò non ha fatto altro che trasportare la figura del calciatore in un mondo fantastico, irreale e forse fin troppo utopistico.

I bambini di oggi si meravigliano ancora nel veder giocare i calciatori, ma il problema è che gli adolescenti di oggi si staccano da ciò che ammiravano da bambini. Gli adolescenti non sognano di diventare Cristiano Ronaldo, sognano di avere ciò che ha lui. Gli adolescenti si stufano di guardare le partite di pallone in TV, forse perché ce ne sono troppe. Forse perché semplicemente i gusti sono cambiati. Ma è un dato di fatto che il calcio di oggi non è quello di 30 anni fa, e forse è anche giusto così. Quello che non trovo giusto è privare bambini ed adolescenti di sognare di poter diventare come i propri idoli e non di avere ciò che loro hanno.

Vorrei vederli sbucciarsi le ginocchia sull’asfalto sognando di poter diventare come Donnarumma. Altro calciatore figlio del nuovo corso del pallone. Atleta eccezionale che ha avuto la fortuna di arrivare presto nel mondo dei supereroi. Forse anche grazie al fatto di aver sognato da bambino di diventare come Sebastiano Rossi o Nelson Dida. Ma che oggi rappresenta più di altri ciò che il calcio è diventato. Soldi. Lo spazio per i sogni e per i valori lo lasciamo ad altri sport. Lo spazio per gli occhi sognanti dei bambini non ci interessa più di quel tanto.

Vogliamo solo il profumo del denaro, a discapito di due ginocchia sbucciate e qualche pallonata in faccia. E tutto questo è frutto delle scelte di chi gestisce il calcio e di chi lo vive, con l’aiuto di figure, leggasi procuratori, che in realtà con il calcio non hanno molto a che vedere. Mi è sempre stato insegnato che il calcio è uno sport semplice: due squadre da undici giocatori che si affrontano per novanta minuti, il tutto sotto il controllo di un arbitro.

Ecco. Questa visione semplicistica del pallone non rappresenta più quello che questo sport è diventato. Questa definizione rappresenta solo la punta dell’iceberg di un sistema molto complesso e difficile da capire. Per questo, anche se non varrà molto, voglio dirti: arrivederci caro Calcio. Spero che un giorno, quando ti sarai stufato di fare il supereroe, ti potrò rincontrare ed abbracciare, come fanno due grandi amici che non si vedono da tanti anni e potremo tornare ad ammirare gli occhi sognanti dei bambini insieme.

Giovanni Franscella

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