Ottavi: ecco l’Argentina

scritto da Davide Perego

di Aguante Futbol

Posto che il Brasile era escluso per ovvi motivi, tutti si aspettavano che l’Argentina avrebbe dominato il girone di qualificazione al Mondiale. Alla fine lo ha fatto ottenendo il primato nel gruppo con 32 punti in 16
giornate, 2 in più della Colombia seconda e perdendo solo in 2 occasioni. Ha sofferto come al solito in alcune partite minori, vedere la sconfitta con il Venezuela o il doppio pareggio con la Bolivia, ma è andata vicino al bottino pieno contro le altre qualificate al Mondiale, ottenendo tra andata e ritorno contro Colombia, Cile, Ecuador e Uruguay 5 vittorie, 1 sconfitta all’ultima giornata e 2 pareggi. Chiave delle vittorie è stato l’attacco, capace di produrre ben 35 reti, di cui 10 opera di Messi e 9 di Higuain, col solo Suarez a fare meglio di loro. A guidare l’Albiceleste in Brasile dopo i fragorosi fallimenti al Mondiale 2010 e alla Copa America casalinga sarà Alejandro Sabella, nominato successore di Sergio Batista nell’agosto 2011. Con poco meno di tre anni a disposizione, allestire e plasmare una squadra dalle ceneri lasciate dai suoi predecessori è stato un compito al limite del proibitivo, soprattutto tenendo in considerazione le aspettative massime da parte di Federazione e tifosi. Tuttavia l’ex-tecnico dell’Estudiantes ha saputo restituire semplicità ed efficacia a un gioco caotico e ansimante, mettendo all’ordine del giorno concetti quali possesso palla, solidità ed equilibrio. Un lavoro non così semplice, ma che Pachorra – soprannome con cui Sabella è conosciuto in patria e che identifica una persona eccessivamente calma – ha saputo portare avanti con coerenza e buona dose di fantasia, soprattutto a livello di scelte nella costituzione della rosa.
Forte di un certo sostegno da parte dei vertici federali, il CT argentino ha infatti avuto la possibilità di operare scelte decise quanto impopolari: una su tutte, la rinuncia a Carlos Tevez per l’intera fase di qualificazione. Allo stesso tempo è da segnalare la speciale attenzione rivolta ai giocatori locali, nel doppio tentativo di restituire visibilità a un torneo sempre meno apprezzato a livello internazionale e di riavvicinare la Seleccion alla gente in uno dei momenti di massimo distacco emotivo nella storia della nazionale. Ciò nonostante il pubblico argentino ha talvolta criticato la predilezione di Sabella per i giocatori di scuola Estudiantes da lui guidati alla conquista di una Copa Libertadores, un Torneo Apertura e un onorevole secondo posto al Mondiale per Club, sconfitti soltanto dal Barcellona di Pep Guardiola. Tra partite di qualificazione alla massima rassegna iridata e amichevoli con selezioni composte da soli giocatori militanti nei campionati locali, il CT argentino ha convocato oltre 100 giocatori e ben 18 di questi sono in qualche modo legati al club di La Plata, con alcuni casi limite, come Cellay, Desabato, Re o Braña, che hanno fatto storcere il naso anche ai meno maliziosi. Dal punto di vista tattico la scelta chiara e inevitabile di Sabella è stata quella di ricreare l’ambiente perfetto per poter esprimere tutto il potenziale della stella Leo Messi, affiancandogli giocatori in grado di fare sì la differenza, ma con la giusta vocazione tattica per attuare il piano del CT. Una strategia inevitabile, se si ha tra le proprie fila uno dei due migliori giocatori al mondo, ma un’arma a doppio taglio, se questo non arriva al Mondiale nelle giuste condizioni fisiche e psicologiche. L’avvicinamento a Brasile 2014 non è certo stato rilassante per l’asso blaugrana, complice la stagione travagliata dentro e fuori dal campo a Barcellona e una pressione in costante aumento giorno dopo giorno. Non esiste tifoso che non si sia espresso nel confronto tra Maradona e Messi e non esiste tifoso che non abbia posto la vittoria di un Mondiale come condizione fondamentale per certificare il sorpasso del nuovo che avanza. Un compito non da poco, soprattutto se non esistono attenuanti e se a questo è legata anche la prova della tua argentinità: Messi il catalano è stato infatti spesso criticato per il suo presunto scarso attaccamento alla maglia albiceleste e un tonfo mondiale potrebbe avere ripercussioni non indifferenti a tal proposito. Finora il numero 10 argentino ha mostrato di gradire i dettami tattici imposti – soprattutto agli altri – da Sabella, migliorando di gran lunga il suo livello di gioco e la media gol in Nazionale, superando Crespo e mettendo nel mirino Gabriel Omar Batistuta nella classifica dei marcatori di tutti i tempi. A 27 anni il Mondiale brasiliano non si può considerare né l’ultima chiamata, né quella decisiva, ma senz’altro l’occasione migliore per mettere le mani sulla storia. Sabella si è concentrato su un gruppo ben definito, abbastanza giovane al tempo del suo insediamento e da far crescere, in cui il leader tecnico è chiaramente il suddetto Messi, nominato anche capitano. Il modulo di riferimeno è il 4-2-3-1, pronto spesso a trasformarsi in 4-3-3. La verticale della squadra è formata da Romero-Federico Fernandez-Mascherano-Messi-Higuain, attorno cui possono alternarsi vari nomi, anche a seconda delle necessità tattiche. Le scelte più ricorrenti portano a Romero; Zabaleta- Fernandez-Garay-Rojo; Mascherano-Gago; Aguero-Messi-Di Maria; Higuain. La formazione, sulla scia di quanto fatto negli ultimi anni, prevede una separazione abbastanza netta tra giocatori di quantità dalla metà campo in giù e giocatori di qualità dalla metà campo in su. Il portiere titolare è sempre stato Romero, malgrado le alterne fortune, con alternative il monumento locale Orion e Andujar. In molti si sono chiesti il motivo di queste scelte e della loro fissità, visto il rendimento, ma Sabella non ha mai mostrato dubbi, dando costante fiducia ai suoi uomini. La difesa è un reparto che lascia diverse perplessità. Eliminati gli elementi di maggior spessore, Sabella ha puntato tutto sulla crescita della coppia Fernandez-Garay, la cui alternativa principale oggi è Lisandro Lopez. Insieme a loro schiera due terzini principalmente difensivi a formare una linea abbastanza bloccata. La rosa dei nomi prevede Zabaleta, Campagnaro, Rojo e la sorpresa Basanta. Il referente assoluto del centrocampo è l’ex capitano Javier Mascherano e trovare il suo partner è la grande scelta che attende il ct nei prossimi mesi. Gago, al netto dei problemi fisici, è in pole position sia per il rendimento con la camiseta albiceleste sia per il grande legame col pubblico, ma a essere cattivi bisognerebbe dire anche per l’inconsistenza delle alternative. I vari Biglia e Banega sono infatti da anni fermi in una sorta di limbo alla ricerca del tanto atteso salto di qualità, mentre opzioni più offensive rischiano di minare gli equilibri. Rientrano tra i convocati a centrocampo una serie di giocatori tattici in grado di coprire più ruoli, come Maxi Rodriguez, Ricky Alvarez, Augusto Fernandez e Josè Sosa. Tutti giocatori sfruttati per la loro unione di capacità di corsa e movimenti palla al piede, fondamentali per portare forze fresche e favorire cambi di modulo. Di Maria, che in Nazionale ha sempre avuto un notevole impatto e a Madrid è stato autore di una stagione ad altissimi livelli, sarà la pedina fondamentale del reparto col suo galleggiare tra attacco e mediana, anche per il contropiede e la rifinitura.
La forza della squadra di Pachorra, in fin dei conti, sta tutta nel reparto offensivo. Il modulo è pensato per
ritagliare a Messi una fondamentale zona d’azione alle spalle di Higuain, da dove può puntare immediatamente la porta: non a caso il numero di reti della Pulce in Nazionale si è impennato. Dal 2011 Messi ha segnato 22 gol in 29 partite, contro i 15 in 54 nei 6 anni precedenti. In carriera ha 8 presenze e 1
solo gol ai Mondiali, nel 2006, su assist di Tevez. Non ha trovato gol nè al Mondiale 2010 nè alla Copa America 2011. Il Pipita con l’Argentina è una macchina da gol, ed è l’unico vero puntero della rosa. Il Kun
Agüero è la terza punta di un attacco incredibile, anche se rispetto ai numeri 10 e 9 gli è richiesto più lavoro
sporco. Insieme a loro troviamo Ezequiel Lavezzi, fonte di corsa e fisicità sull’esterno, e Rodrigo Palacio, jolly inestimabile sfruttabile sostanzialmente in ogni ruolo. Giocatori gerarchicamente subordinati agli altri,
consci del loro ruolo e pronti a dare tutto. Sabella ha condotto 32 partite sulla panchina argentina, e prima dell’appuntamento Mondiale avrà altre due amichevoli. Il suo rendimento è di 19 vittorie, 9 pareggi e 4 sconfitte arrivate contro Venezuela, Uruguay e due volte col Brasile nel cosiddetto Superclasico de las Americas, il derby tra verdeoro e albicelesti giocato esclusivamente con gli uomini che militano nei campionati locali. Contro squadre non sudamericane lo score è invece di 7 vittorie, tra cui Germania e Italia, e 2 pareggi. Diciamolo chiaramente: la rosa è sbilanciata e molto personale. In un’ottica di calcio collettivo si potevano attuare scelte diverse per cercare di ottenere una squadra meno divisa in due tronconi. Sabella nel corso del tempo ha invece deciso di andare sempre più chiaramente su questa strada, eliminando dalle convocazioni o lasciando ai margini le mezz’ali più offensive o i trequartisti. Sui singoli nomi si possono sollevare diverse obiezioni e trovare alternative credibili, specie tra porta, difesa e mediana. La lista dei convocabili potenzialmente utili è veramente ampia, ma ancora una volta bisogna ripetere che Sabella è stato molto coerente con le sue idee. In porta la totale esclusione dei vari Barovero, Willy Caballero, Marchesin e Rulli è sembrata eccessiva anche alla luce del rendimento dei prescelti. In difesa si potevano provare Federico Fazio, Musacchio e Gonzalo Rodriguez come centrali e Ansaldi come terzino. A centrocampo vista l’assenza di un nome forte ci poteva stare una sorpresa, tipo Tino Costa o Enzo Perez, che ha trovato spazio con la camiseta albiceleste solo nel suo vecchio ruolo di esterno. I grandi assenti si possono dividere sostanziamente in due categorie: i giocatori di esperienza e i talenti che si sono persi. Nella prima possiamo collocare i vari Burdisso, Demichelis, Samuel, Cambiasso, Tevez. Le scelte del ct, come detto più volte, per certi nomi più che al talento e alla carriera guardano infatti al mantenimento degli equilibri interni. Si è scelto un gruppo da plasmare e si è cercato di far sbocciare all’interno i nuovi leader. L’assenza che fa più rumore è certamente il 10 della Juventus, ma l’Apache è troppo forte, ha troppa personalità ed è troppo amato per non essere un potenziale problema, e cosa non da poco in Nazionale ha spesso oscurato la stella di Messi quando hanno giocato insieme. Accetterebbe di essere una risorsa dalla panchina? Quanti se e ma porterebbe? Concentrerebbe troppa attenzione mediatica rischiando di diventare una distrazione? Nella seconda categoria vanno citati soprattutto Pastore e Lamela, che sono stati a lungo nelle idee del ct, salvo sparire progressivamente col venir meno dei loro minuti di gioco con i rispettivi club.

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