ACB: “C’era il sole ma avevo freddo”

scritto da Davide Perego
La scorsa notte – dalle mie parti – il vento si è fatto
sentire come non accadeva oramai da qualche mese. Già soffro d’insonnia quando
tutto tace. Il vento – credo di non essere un caso isolato – mi rende nervoso
ed irrequieto. Girati da una parte, girati dall’altra, quando riesco a chiudere
gli occhi mi appare Hakan Yakin. Sta correndo sulla pista del Comunale. Mi
hanno colpito i suoi capelli non unti, ma come appena asciugati da un vento di
scirocco. Mi ha sorpreso il fatto che fosse solo. Indossava una tuta Adidas
blu. Forse quella del Lucerna. C’era il sole, ma io avevo l’ombrello aperto ed
avevo freddo. Mentre lo guardavo, dall’impianto audio dello stadio sono partite
le note di “You’ll Never Walk Alone”. Poi mi sono svegliato. Capita a tutti di
svegliarsi nel mezzo di un sogno e di ricordarselo anche il giorno dopo. E
anche questo credo sia normale. Oggi ho cercato di dare una logica alla notte
insonne. Il vento ha fatto di certo la propria parte. La fine dell’ AC
Bellinzona ha logicamente fatto il resto.

Forse mi ha sorpreso il fatto che
nessuno si sia mai veramente indignato di quella che ad ogni appassionato
ragionevole è parsa da subito un’operazione folle. In questi giorni, tra fiumi
di parole inutili, prime in senso assoluto quelle dei ruffiani con le tasche
comode, mi sarebbe piaciuto sentire la voce di chi – senza alcuna volontarietà
– ha segnato negativamente la parabola discendente del club. Forse mi ha
sorpreso il fatto che Hakan avrebbe potuto tendere a Giulini quella mano che
avrebbe magari aiutato il club a restare in vita. Bellinzona è stata la piazza
che ha rianimato il calcio che conta nel Cantone. Con il Bellinzona, la seconda
metà degli anni 2000 è stata per certi versi indimenticabile, grazie ai
campioni che sono passati dal Comunale. Grazie al Bellinzona, ci si è anche
divertiti a prendere in giro una lunga lista di giocatori, dirigenti ed
allenatori scelti e rimborsati proprio con quei franchi che oggi avrebbero
permesso a Giulini di restare a galla. Guardo il cielo di questa notte di stelle.
Stelle anche in TV, ma sono quelle di Champions. Penso alle notti del
Comunale,  ma anche alla notte di Europa
League a Cornaredo. Penso alla finale di Coppa, agli occhi tristi di Mark
Edusei dopo una sconfitta. I ricordi vanno a ritroso fino alla metà degli anni
settanta. Flash di nomi e cognomi, reti, gioia e rabbia. Le “trasferte” nel
sottoceneri per veder giocare il Servette. Penso a Luigi Arrigo e alla sua
sofferenza. Penso e credo che forse prendiamo troppo sul serio il calcio e
quello che ci gira intorno. Per molti un lavoro. Un’attività. Per noi solo un
divertimento e troppo spesso uno strumento per fare conversazione. E allora sono contento di essermi svegliato dopo pochi minuti del sogno. Bagnato fradicio nonostante l’ombrello. Con il sorriso di Hakan Yakin mentre corre sulla pista del Comunale. (DP)

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