Intervista a Matteo Vanetta

scritto da Davide Perego


di Flavio Monticelli

Classe di ferro 1978, Matteo Vanetta sta vivendo lontano dal Canton Ticino un’esperienza professionalmente importante in quel di Ginevra. Tredici volte nazionale rossocrociato U21 l’ex preparatore del Team Ticino guida ora la U19 del Servette con la quale si è tolto la soddisfazione di giocare anche la UEFA Youth League. Nato a Lugano, club con il quale ha mosso i suoi primi passi professionali nel 1995, Vanetta ha giocato successivamente a con le maglie di Sion, Servette, Etoile Carouge, Aarau e Chiasso. Con il club rossoblu, il difensore ha esordito nel 2005 ed ha concluso la propria carriera agonistica nel 2008. La curiosità di saperne di più sul presente di uno dei giocatori più importanti del periodo rossoblu 2005-2008 ci ha portati a percorrere un cammino a ritroso partendo proprio dalla recente esperienza internazionale con il Servette.
” La Youth League è un’ottima competizione. Una partita a livello internazionale per noi equivale ad una decina di allenamenti. Sia per i ragazzi che per lo Staff è stata una grande opportunità quella di poter mettere nel proprio bagaglio una serie di esperienze formative per molti irripetibili. Questa competizione ha una dinamica che esce completamente da quello che è il lavoro quotidiano dei calciatori che ho allenato e posso aggiungere che la struttura del torneo impone un lavoro di Staff, di preparazione, di conoscenza degli avversari decisamente unica: anche tramite i video che poi aiutano a prepararsi al meglio”. 
Da una vecchia intervista che hai rilasciato nel 2009 quando eri alla guida della U16 del Team Ticino mi aveva colpito questa sua risposta: “Cerco di mettere a disposizione la mia esperienza di calciatore professionista in base alle esigenze di ogni singolo ragazzo osservandolo in allenamento o in partita. Cerco di lavorare molto sulla presa di responsabilità e sulla continuità, due doti che a quindici anni non sono ancora facilmente sviluppate”. Credi che a distanza di sette anni sia ancora così oppure le valutazioni di un giovane calciatore sono sempre più premature e troppo spesso si bollano i ragazzini precocemente ?
“Certo, sono ancora convinto che sia così, quindi ancora a sette anni di distanza cerco sempre di responsabilizzare maggiormente i ragazzi. A modo mio un ragazzo deve autoresponsabilizzarsi se vuole intraprendere una carriera di calciatore. Sono sempre più in lotta contro questa abitudine di voler mettere un’etichetta sul calciatore subito e troppo presto. Secondo me un formatore dovrebbe essere attento ad ogni piccola qualità che il giocatore possiede, cercando di sviluppare maggiormente queste sue qualità, per poi vedere se in futuro questo potrà fare di lui un calciatore o meno. Penso che non sta ad un educatore invece la responsabilità di determinare se il ragazzo sarà un futuro giocatore o meno.”
 



L’esperienza che hai vissuto al Team Ticino quanto ti sta servendo a Ginevra ?

“Mi sta aiutando enormemente, perché lavorare in Ticino è molto difficile e il numero dei giocatori e dei giovani talenti sono limitati. I mezzi a disposizione, oltre a quelli di Tenero che il Team Ticino può sfruttare offrendo ai ragazzi di essere trattati molto bene e in modo professionale, al di fuori di questo contesto sono molto limitati. Quindi il lavoro dev’essere veramente orientato in modo puntuale sullo sviluppo del ragazzo. Quando poi si arriva in un a realtà come Ginevra, in cui i talenti sono numerosi e la scelta dei giocatori è molto più ampia è conseguentemente molto più facile. La scuola di vita in Ticino per me è stata un lavoro che ho svolto con grande passione e oggi mi regala tutti i benefici.”
Hai giocato nella SFL dal 1995 al 2007 (FC Lugano, FC Sion, Servette FC, Etoile Carouge, FC Aarau, FC Chiasso). Cosa ti manca oggi dell’abbondante decennio quando assisti a partite di Super o Challenge League ?
“Mi manca l’adrenalina delle partite, altrimenti per il resto è da considerarsi una tappa della mia vita. Spero di aver fatto tesoro di tutte le esperienze che ho vissuto da calciatore: per quello che oggi ritengo di esserne riuscito a farne una professione. L’adrenalina che si vive prima di una partita da calciatore non la si può modificare e penso che se un giorno potrò vivere l’esperienza da allenatore in un campionato professionistico non avrei di certo le stesse emozione che ho vissuto da calciatore. Ce ne saranno altre ma non identiche “
Ti manca di più il campo o lo spogliatoio ?
“È una bella domanda. Al momento sono due mondi che oggi vivo da un’altra posizione, ma che nello stesso tempo – qui a Ginevra – considerando che abbiamo uno spogliatoio tutto per gli allenatori, per certe “stupidaggini” si possono ancora assaporare entrambi”.
Il tuo finale di carriera a Chiasso. Una gran bella squadra quella di Lombardo….forse mai più così bella come in quella stagione ?
“Sinceramente a questa domanda  non saprei rispondere…”.

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