Il calcio: uno sport per la gioventù, uno sport per tutti (parte I)

scritto da Davide Perego

di Karl Rappan *

Dopo aver trascorso assieme le giornate antecedenti gli incontri di Berna e Berlino, è quasi impossibile descrivervi la nostra emozione quando nello stadio olimpico trillò il fischio finale. E’ molto raro – posso dire di avere molta esperienza in materia – che una vittoria calcistica sia sentita con tanto giubilo, con tanto leale entusiasmo ed anche con tanta gratitudine come la sentirono i vincitori sulla Svezia. Sappiamo di aver avuto molta fortuna, ma l’avevamo benmeritata. Sappiamo anche che i nostri avversari furono tecnicamente superiori ed è appunto per questo che la nostra gioia fu così grande. Nell’eliminatoria di questi campionati mondiali non ci è stato regalato nulla. Ognuna delle cinque reti messe a segno ha richiesto tutta la nostra energia e furono il frutto di una lunga preparazione con piccoli e grandi sacrifici dei singoli per il successo della compagine tutta. Quando dico, che la nostra più bella vittoria fu quella di aver ridestato in patria l’entusiasmo per il nostro calcio, devo pure aggiungere ancora qualcosa.
Per me personalmente, la preparazione a questi incontri, come le due partite stesse, furono gli avvenimenti più belli della mia carriera calcistica. Non mi ricordo di aver vissuto con una compagine nella quale ogni singolo era dominato dal pensiero di dare il massimo di sè stesso per la squadra e tendeva a fare bella figura della stessa e non al successo personale. Forse molti avranno considerato un po’ presuntuosa la nostra emozione dopo la partita di Berlino, ma sappiano questi che per quei novanta minuti di gioco abbiamo trascorso molti giorni di preparazione e la vittoria non era che il coronamento di un sogno mai espresso, ma tanto desiderato. Oggigiorno che nel mondo trionfano l’egoismo e il culto dell’ “io”, la camerateria e l’unione di una compagine calcistica hanno un senso molto più profondo del successo sportivo. Dimostrano che la fede in un ideale non è ancora distrutta in seno alla nostra gioventù. Mi fu testimoniata molta riconoscenza per il mio lavoro. Ma dove sarebbe andata a finire l’utilità dei miei sforzi, se non avessi riscontrato risonanza nella fede dei nostri giocatori ?

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* 77 volte allenatore della nazionale Svizzera, nato a Vienna il 26 Settembre 1905 e morto a Berna il 2 gennaio 1966.
Questo articolo è stato pubblicato nel 1962 all’interno di un libro edito da Louis Hugi (Berna) in collaborazione con Juwo Zurigo e redatto dal Dott. Hans Althaus. Ho avuto la straordinaria fortuna di recuperarne una copia in maniera abbastanza casuale e mi sono permesso – senza capire a chi poterne chiedere autorizzazione – di “copiare” quanto scritto da Karl Rappan a proposito della straordinaria qualificazione della Nazionale al mondiale cileno. Dopo la vittoria ottenuta dalla Svizzera a Berlino contro la Svezia il 12 Dicembre 1961, ne seguì una serie di undici partite senza vittoria (nove sconfitte e due pareggi con Olanda e Francia).
Il libro in mio possesso (Foto CHalcio) è autografato in originale da Karl Elsener (GC) cui viene attribuita la foto di copertina mentre svetta in presa sicura sul centrocampista dello YB Heinz Schneiter in occasione della Finale di Coppa del 1956 vinta per 1-0 al Wankdorf dalle cavallette di fronte a 48.000 spettatori. Tuttavia il tabellino della partita in questione, recuperato da altre fonti, riporta che il portiere del GC fu Kunz. (DP)

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