Buon 2012 al calcio svizzero

scritto da Davide Perego

Di questi tempi è sempre più frequente la presenza di osservatori dei grandi club negli stadi svizzeri. Aprire un discorso sull’argomento “mercato” rischia di essere interpretato più o meno (s)correttamente in ogni propria sfaccettatura. Ed è proprio per questo motivo che cercherò di restare ancorato ad alcune evidenti certezze che la crisi economica ha provveduto a mettere in risalto. Turisti, non per caso, i rappresentanti dei grandi club cercano nel mercato svizzero di saltare un passaggio fondamentale – quello del sapersi arrangiare con i propri occhi – arrivando a mettere le mani sul “prodotto finito” per contenderselo con la concorrenza.

Per chi scrive, la pausa invernale di campionato, è sempre più triste proprio perché il numero di calciatori che lasceranno i tornei di Super e Challenge League è inflazionato ai massimi storici. Idem per quanto concerne la Prima Lega dove ad esempio si riscontrano casi, del tutto anomali fino a qualche anno fa, di giocatori che lasciano il Canton Ticino per accasarsi nelle categorie minori italiane.
In termini economici, stanno perdendo terreno proprio le destinazioni che sono state per anni al centro dell’accoglienza degli scout di mezzo mondo ed ora pescare in Svizzera è diventata una moda che da un lato consente agli “investitori” di fare ottimi affari e dall’altro permette ai clubs indigeni di “arricchirsi” per abbattere ulteriormente i costi di gestione di contratti e strutture.
Da un punto di vista esclusivamente tecnico, i giocatori che potrebbero saltare una categoria sono veramente molti. Ciascuno, inserito in un contesto adeguato, confortato dalla fiducia di un allenatore e stimolato dalla propria professionalità prima ancora che dalla rincorsa di un lauto ingaggio, potrebbe rivelarsi un nuovo Senad Lulic.
Proprio il corridore bosniaco cresciuto alla Ringstrasse (2003-2006) prima di transitare in Serie A passando per Bellinzona (2006-2008), Zurigo sponda GC (2008-2010) e Berna (2010-2011), è un esempio classico di come un giocatore sostanzialmente normale, discontinuo e anche “cattivello” possa trasformarsi in “campione” grazie alle stesse qualità che un tempo erano alla base delle credenziali cercate in un potenziale fuoriserie.
Alzi anche solo un dito chi avrebbe pronosticato per Lulic un futuro in un club di punta italiano giocando tutte le 24 partite ufficiali della stagione riuscendo ad imporsi gradualmente per diventare addirittura insostituibile nello scacchiere del tecnico Reja.
Senza scomodare i vari nazionali rossocrociati da anni in giro per l’Europa, verrebbe voglia di segnalare almeno una trentina di potenziali Lulic. Certo, non tutti saprebbero adattarsi e rendere oltre le previsioni come ha saputo fare 25enne di Mostar. O come ad esempio accaduto a Seydou Doumbia, altro prodotto del campionato svizzero ed oggi desiderio di un numero infinito di società dopo essere salito alla ribalta lanciato da una prima fase di Champions League stratosferica.
Ciascuno di noi vorrebbe segnalare un potenziale campione. Ne ho sentiti molti sostenere che Lulic sia soltanto uno che corre. La verità però è un’altra e passa da professionalità, fiuto e pazienza che uniscono le componenti necessarie che permettono ad un giocatore normale di fare il grande salto: quello che ad esempio continua a non riuscire ad un Vincenzo Rennella o che non ha mai visto concretizzarsi in un prevedibile talento quale Julian Esteban.
Anche Gokhan Inler è un giocatore assolutamente normale. Idem dicasi per il suo collega Blerim Dzemaili.
Ad accomunare questi giocatori ci sono qualità molto simili che possono trovare sfumature differenti nel gergo tecnico del calcio ma che riassumono tutte insieme quanto scritto sopra.
Anche se spiace vedere così tanti giocatori lasciare la Super League – probabile che in queste settimane ne vedremo parecchi – può rasserenare la sempre più convincente media spettatori del torneo. Ancora sottovalutato all’estero nel suo complesso, poco attraente per il business internazionale del mercato TV, il campionato di Super League ha tecnicamente raggiunto e superato realtà inavvicinabili fino a un decennio fa grazie ad una formula perfetta e alla crescita professionale delle società che di pari passo a quella delle strutture, dei tecnici e della scuola calcio si è rivelata azzeccata. Con una qualità eccelsa si ha ora il dovere di proseguire su questa strada, a scapito di perdere cammin facendo i prodotti migliori, ma consapevoli di essere riusciti ad essere innovativi con risorse modeste in un mondo di squali e di debiti.
Si riuscisse anche a frenare la violenza – fuori e dentro gli stadi – ci potrebbe attendere un 2012 quasi perfetto. Tanti auguri a tutti.
DP

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