UWCL, FF Lugano 1976-Manchester City, Stefania Maffioli: «Abbiamo ricevuto molte risposte positive, le ragazze si sono dannate l’anima»

scritto da Claudio Paronitti

La prima storica serata europea del Lugano femminile è terminata con un 1-7 subito per mano dell’inarrivabile Manchester City

Come capita per le squadre maschili, anche per l’FF Lugano 1976 è andata in onda una conferenza stampa post-partita, alla quale ha presenziato l’allenatrice Stefania Maffioli, che ha dichiarato quanto segue.

La partita da “outsider” – «È una situazione che avevamo previsto. Sapevamo di giocare contro uno squadrone, contro cui era difficile pensare di fare la partita. Abbiamo impostato la partita un po’ più sul piano difensivo e le ragazze ci hanno preso alla lettera. Erano un po’ intimorite e hanno avuto poco coraggio di andare ad attaccare. Ci sta, è stata la loro prima esperienza e sapevamo di affrontare un colosso. All’intervallo abbiamo cercato di spronarle, provando a guadagnare venti metri. Poi, nonostante i buoni propositi, le gambe non rispondevano più per mancanza di energie».

Il penalty a inizio ripresa ha cambiato la situazione? – «Sinceramente no. Penso che magari potevamo resistere un po’ di più e rimanere in partita. Però, obiettivamente, la differenza in campo c’è stata. Ciò è avvenuto anche nel primo tempo, perché loro hanno avuto parecchie occasioni per gonfiare la rete. Poi, è chiaro che un po’ di fortuna può aiutare. Se vado ad analizzare i gol subiti, più di uno era evitabile. Gli ultimi punti ospiti sono giunti per mancanza di energie. Credo che potevamo uscire con meno gol al passivo. Però, alla lunga la partita sarebbe finita a loro favore».

Le risposte per il futuro – «La nostra squadra è composta da molte ragazze straniere appena arrivate a Lugano e da qualche ragazza ticinese che sta approcciando un livello del genere. È un bagaglio importante per la loro crescita. Di risposte positive ne abbiamo ricevute, perché portare a casa un primo tempo sull’1-1, pur non gestendo il gioco, è sinonimo di presenza. Le ragazze se la sono giocata. Bisogna poi capire che una partita non dura 45, ma 90 minuti. Per questo, occorre crescere dal punto di vista fisico e atletico. È stata una bellissima esperienza e, se intendono puntare in alto, il match è servito per far capire loro la strada che bisogna intraprendere. Se non corri e non resisti e manchi di potenza è difficile arrivare a certi livelli».

La differenza a livello fisico – «Mancava esplosività nelle gambe delle ragazze, questo sì. Alla fine, però, l’orgoglio ci ha portato in avanti a creare qualcosa di buono. Forse a livello di condizione stavamo bene, ma quanto manca l’energia tutto diventa più difficile».

Il campionato – «L’obiettivo è quello di replicare l’ultimo piazzamento, o perlomeno entrare nelle prime tre. Il percorso è lungo, anche le altre squadre di sono rinforzate. Noi abbiamo perso alcuni elementi importanti, come i due attaccanti [Kristina Maksuti – accasatasi a Duisburg – e Cara Curtin – volata a Siviglia -, ndr] che insieme hanno segnato 34 gol. È tutto da ricostruire. Le prime sfide abbiamo incontrato delle difficoltà non tanto numeriche, bensì di ruolo. Abbiamo bisogno di giocare insieme per trovare affiatamento e alchimia. È un percorso lungo, il gruppo potrà fare bene, però avrà bisogno di tempo».

Il sogno della Champions League – «Quando eravamo in Serie B, il primo pensiero è conquistare una vittoria per raggiungere la Serie A. Oggettivamente, non ci è mai passato per la testa l’avere la chance di giocare una gara di Champions League. Anche perché sapevamo che per poter accedere a certe competizioni le forze del territorio non sarebbero bastate. L’aspetto economico fa anche la sua parte. Il sogno c’era, è chiaro. Tutte le ragazze lo sperano».

Le emozioni vissute – «Sono state fortissime. Personalmente, vivo nell’ambiente da parecchi anni e sono stata una di quelle bambine che sognava di giocare una partita di Champions piuttosto che un Mondiale. Non ho potuto farlo da giocatrice, ma è fantastico essere qui in questo momento da allenatrice. Le sensazioni, ne parlavo con le ragazze, sono particolari. Negli ultimi giorni percepivo lo stesso stato d’ansia di quando giocavo. Però, allora queste sensazioni mi davano grande adrenalina. Ieri mi è servita per dare la carica alle ragazze. Sicuramente, lo ammetto, avrei voluto essere in campo anch’io».

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