Allievi C1: Bellinzona – Mendrisio 4:2

scritto da Davide Perego
Anticipo di campionato sul perfetto tappeto di Carasso tra la capolista Bellinzona e la nuova lanterna rossa del torneo Mendrisio. Chi si aspetta un monologo dei granata – complici le numerose assenze nella squadra ospite – non ha fatto i conti con l’orgoglio dei momò che giocano una partita all’altezza delle loro possibilità mettendo in difficoltà da subito un Bellinzona preoccupato di buttare palla lunga per cercare di chiudere al più presto il discorso evidentemente più importante: quello del risultato. Si assiste così ad una gara fuori programma con l’ultima della classifica a giocare a calcio e la prima – incomprensibilmente nervosa – a giocare uno sport abbastanza diverso, fatto di lamentele inutili, di falli anche cattivi e di mancanza di rispetto nei confronti di un già insicuro direttore di gara. La presenza all’interno del recinto di gioco di numerosi supporters locali rende l’incontro con il passare dei minuti sempre più ingestibile dall’arbitro che in stato confusionale inizia a fischiare a vantaggio di chi urla di più: sia in campo che fuori.

Il Mendrisio sfrutta al meglio la giornata di grazia del collettivo e passa con merito in vantaggio al quarto d’ora con Biscotto in mischia dopo un calcio d’angolo. Il Bellinzona aumenta la propria dose di nervosismo e con altrettanto merito incassa la seconda rete del Mendrisio firmata da Cattaneo dopo uno spunto personale ed una corta respinta del portiere avversario sul primo tentativo di conclusione. Non senza incomprensibile recupero e tra le proteste dei locali il primo tempo si chiude sullo 0-2.

La ripresa si apre con il Mendrisio in avanti ed un fallo da ultimo uomo costringe il direttore di gara a lasciare temporaneamente (??) in dieci i granata: un provvedimento discutibile in una evidente azione da goal. Un secondo giallo (per un fallo di gioco) costerà al Mendrisio due reti in inferiorità numerica dopo il primo goal del Bellinzona nato da una rimessa laterale già battuta e ripetuta per intervento del tecnico di casa che di fatto impone all’arbitro di fare rientrare il giocatore precedentemente sanzionato. La partita finirà dopo quasi otto minuti di recupero con il Mendrisio alla disperata ricerca del pareggio e i padroni di casa a consolidare il vantaggio in classica situazione di contropiede. 

A cosa serve vincere una partita giocata in questa maniera ? In una serata come questa è lecito chiedersi il senso dell’appartenere alla categoria dei formatori. Si raccontano un sacco di baggianate e dalla panchina si insegna solo ad entrare duro, a calciare palla il più lontano possibile e ad insultare avversari ed arbitro. Ragazzini di 13/14 anni alla stregua di adulti con gli occhi fuori dalle orbite. L’insulto gratuito. La farsa dell’educazione che evidentemente i ragazzi non ricevono dai loro genitori e dai formatori. L’ACB – non ce ne vogliano i pochi ragazzi leali visti sul terreno di gioco – può tenersi la propria vittoria ed il proprio primo posto in classifica. La partita del “Respect” l’ha vinta il FCM e ne vada fiero il proprio Presidente che tanto tiene a questi particolari. Ne vadano fieri i ragazzi che senza insultare, ma grazie all’insulto ricevuto (falliti ! falliti! come a dimenticare che i veri “falliti” giocano due categorie sotto la prima squadra del FCM) hanno accettato un gioco che non è calcio e senza maleducazione hanno giocato fino in fondo la partita dei genitori. Si dice che i mali non nascano mai per caso. Quelli della nostra società hanno radici lontane e viziate proprio dall’assoluta necessità di vincere per sentirsi appagati. Il calcio è e deve essere però qualcosa di diverso da quello visto a Carasso. Perchè se non lo fosse sarebbe solo uno sport inutile così come la palestra di comportamenti ignoranti accettati senza indignazione (il portiere che risponde al pubblico con insulti, applaudito dal suo formatore). L’arbitro – poverino – si è rivelato inadeguato per reggere la pressione. Non è una colpa: è un difetto. Grave se si pensa che un arbitro dovrebbe essere sordo a tutto quanto urlato fuori dal recinto e molto attento nel far rispettare l’educazione dai ragazzi in campo. Se non vi si riesce si cambia mestiere: a meno che non lo si faccia solo per il rimborso spese. Si cambia, alla stessa stregua con la quale certi ragazzi maleducati in proporzione alla loro mediocrità tecnica farebbero meglio a praticare uno sport più aggressivo. Che il dio del calcio sia sempre più dalla parte di chi urla ed offende cambia in realtà poco. L’importante (ma è ridicolo) è che al triplice fischio ci si senta tutti sollevati e felici di tornarsene a casa o di andare al bar. Come se nulla fosse successo. In attesa che qualcuno imponga la videosorveglianza obbligatoria in ciascun campo di gioco. Sarebbe stato splendido avere la ripresa originale della partita di questa sera vista dall’alto. Una camera sul campo e una sul pubblico. Confezionare il dono e metterlo sulla scrivania di uno psichiatra. Ci sarebbe da vergognarsi. Un po’ come chi scrive che già si vergogna di appartenere alla categoria dei giornalisti e da un po’ di tempo si vergogna anche di essere un formatore. (dp)

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