FCM: a testa alta con orgoglio e dedizione

scritto da Walter Savigliano

Una dichiarazione di resa incondizionata e di debolezza, o in realtà il risultato della rinuncia a ciò che non può essere combattuto ?

La risposta la darà il campo nelle prossime settimane, ma la sensazione comune al termine del decimo confronto interno stagionale è quella di un ambiente profondamente turbato da situazioni che hanno matrice di responsabilità da mesi molto distante e disinteressata a quelle che dovrebbero essere le vicende del club.

Mendrisio – Tuggen finisce come il fedele pubblico del Comunale non avrebbe meritato. Per trovare tre sconfitte interne consecutive del FC Mendrisio in dieci giorni bisognerebbe probabilmente scomodare annuali scritti a mano su un quaderno a quadretti da qualche anziano cultore della statistica.
Raccontare la partita è opera dolorosa, specie per chi ha sempre seguito la squadra e conosce benissimo le dinamiche che hanno condizionato quello che fino alla fine della prima fase si è rivelato un ottimo campionato.

Pare proprio che nessuno abbia voglia di raccontare il dietro le quinte che ha messo a sedere lo spogliatoio per questioni extra calcistiche. Un ambiente sano, all’interno del quale Ardemagni e Schnell hanno dato dimostrazione di aver fatto e di continuare a fare tutto il possibile per gestire responsabilità anche più grandi di loro.

La copertura ad oltranza di un colpevole chiaro e limpido suona un po’ di presa in giro nei confronti di coloro che invece sono interessati alle esclusive vicende calcistiche giudicando la squadra dagli spalti, pagando il biglietto e aspettando una reazione che c’è sempre anche se non la si vede nei risultati: perchè anche oggi la squadra ha sofferto e lottato come sempre.

Come ha dichiarato Pierluigi Tami nella conferenza stampa che ha preceduto Lugano – Basilea, “Qualcosa c’è: se gli altri tirano e la palla entra in porta e noi no”. Riflessione che si può abbinare alla situazione attuale di un Mendrisio che da San Gallo in poi non ha mai dato l’impressione di entrare nei sedici metri con la necessaria convinzione e che via più si è allontanato dall’area di rigore per cercare improbabili soluzioni alternative come quelle che hanno portato alle reti meritate ma casuali di Noel Kabamba contro il Seuzach e di Ivan Calic contro il Tuggen.

Non la si passi come una critica agli attaccanti, ma la si legga come una conseguenza delle volontà di chi oggi non ricorda nemmeno di avere la responsabilità all’interno di una società.

E’ arrivato il momento di sedersi attorno a un tavolo per riflettere sul reale obiettivo delle prossime partite: che non sarà quello tanto sbandierato a luglio da chi si è allontanato dalla società oramai da parecchi mesi. Il Mendrisio – astenersi quelli dalla risata facile – deve pensare alla salvezza. Il resto sarebbe oggi soltanto ipocrisia.