Un nuovo capitolo nel rapporto tra pallone e affari

scritto da Davide Perego



di Pippo Russo

Il calcio è già dentro la sua crisi dei subprime. Non è un’esagerazione dirlo, guardando alla traiettoria di finanza creativa cui i club calcistici hanno preso a fare ricorso dalla seconda metà degli anni Zero, quando la leva del credito bancario è venuta progressivamente a mancare. Da quel momento la caccia alle fonti di finanziamento ha preso a battere strade eufemisticamente definite alternative, tutte accomunate dal fatto di essere sempre più rischiose sia in termini d’impegno finanziario che di perdita d’autonomia nella governance.
La diffusione dei fondi d’investimento e delle formule di Third Party Ownership (Tpo) e Third Party Investment (Tpi) ha segnato un passaggio di mutazione profonda, quasi genetica, del fenomeno calcio. Che si è visto trasformare in incubatore finanziario, un campo nel quale il denaro viene iniettato al solo scopo di farlo fruttare e riportarlo fuori. E per intercettare questo tipo di finanza i club calcistici non hanno esitato a alienare, in quota o in toto, l’asset di maggior valore a propria disposizione: il patrimonio calciatori. LEGGI IL RESTO

1 commento

Market Movers
Market Movers 20 Luglio 2016 - 9:20

D’altronde non solo le società di calcio lo hanno fatto, anche istituzioni come i Comuni italiani

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