Mondiale: ecco l’Ecuador

scritto da Davide Perego



di Marco Maioli

Giunto alla terza fase finale di un mondiale della sua storia, l’Ecuador non è più una sorpresa. Fatta eccezione
per l’edizione 2010, la Tri ha sempre preso parte alla manifestazione in questo ventunesimo secolo e, se pure
in assenza dei giocatori da copertina che tutte le altre nazionali sudamericane possono sfoggiare, Rueda ed i suoi si preparano alla spedizione brasiliana sapendo che partecipare è importante, ma non basterà. Dopo il debutto in Corea e Giappone, quando l’Italia e Vieri battezzarono Aguinaga e compagni, e dopo la bella figura fatta in Germania quattro anni dopo, con l’eliminazione arrivata soltanto agli ottavi di finale a causa di un gol di Beckham, la nazionale ecuadoriana ha conquistato un biglietto per il Brasile al termine di un biennio ad alti livelli. Il quarto posto nel mai facile girone sudamericano di qualificazione è arrivato soprattutto grazie alle gare giocate in casa, in quel vero e proprio fortino in altura che è l’Estadio Olimpico Atahualpa di Quito: a 2860 metri, dove secondo la celebre definizione di Passarella “la pelota no dobla”, la palla non rimbalza, l’Ecuador ha sconfitto tutti gli avversari, fermandosi sul pareggio soltanto con l’Argentina. Limitarsi ai vantaggi dell’altura, però, sarebbe fuorviante, come dimostrato dalla storica vittoria ottenuta in Portogallo contro Cristiano Ronaldo e soci nel febbraio 2013, e come certificato dai quattro mesi passati nella top ten del ranking Fifa. A sconvolgere un ambiente altrimenti sereno, però, è arrivata nel luglio dello scorso anno la peggiore delle notizie: Christian Benítez, terzo miglior marcatore di sempre della Tri con 24 gol, è mancato all’improvviso in un ospedale del Qatar, fermato da un arresto cardiaco a soli 27 anni. Da quel giorno fare i conti con l’assenza del Chucho, figura centrale sia in campo che nello spogliatoio, è diventato il compito principale di Rueda e dei suoi, che in un girone che vede la Francia come principale favorita dovranno, a meno di sorprese dell’Honduras, giocarsi il secondo posto con la Svizzera.
Rispetto alle due precedenti spedizioni, molto è cambiato per quel che riguarda gli uomini a disposizione del
commissario tecnico. Se nel 2002 soltanto tre, tra i convocati, giocavano all’estero (cinque nel 2006), oggi i
tanti ecuadoriani impegnati nei vari campionati, dall’Europa all’Asia passando per il Messico, sono il risultato di un movimento calcistico cresciuto: la squadra teoricamente titolare in Brasile potrebbe contenere soltanto tre undicesimi provenienti dal campionato locale, con tutto quel che ne consegue in termini di esperienza. Uno di questi sarà sicuramente il portiere: Máximo Banguera, estremo difensore del Barcelona, è il candidato principale ad un posto da titolare tra i pali, agile anche se con qualche problema comportamentale; l’alternativa è costituita da Alexander Domínguez, in forza alla LDU Quito, che dalla sua ha il fattore statura (1,95 m). Relegato al ruolo di mascotte il più giovane dei tre, il classe ’88 Adrián Bone, soltanto tre presenze
con la Tri. Desta qualche preoccupazione il reparto difensivo. La linea a quattro utilizzata da Rueda nel suo 4-4-2 prevede due terzini decisamente offensivi, che non a caso hanno spesso giocato, nei club di appartenenza, come centrocampisti. A sinistra è indiscusso titolare Walter Ayoví, capitano fino a pochi mesi fa e uomo d’esperienza: un mondiale alle spalle (2002), tre partecipazioni alla Copa America, 34 anni di età e 88 presenze, non ha saltato un solo minuto delle gare di qualificazione. Il suo omologo, sulla fascia opposta, sarà Juan Carlos Paredes, detto Hormiga, la formica, spesso accostato a club italiani: veloce, discreta tecnica, ma pur sempre un centrocampista centrale o esterno in un 3-5-2, spesso in difficoltà quando si tratta di difendere. Il vero problema, tutt’ora irrisolto, è però al centro della difesa: data per scontata la titolarità di
Frickson Erazo, elemento di sicuro interesse, con un fisico importante, ma decisamente non nel momento migliore della sua carriera, almeno a giudicare dalle prime prestazioni con il Flamengo, resta da decidere chi
accompagnerà el Elegante. Giocatori all’altezza, semplicemente, mancano, tanto da far parlare di un vuoto generazionale: Rueda dovrà arrangiarsi scegliendo tra tre elementi del campionato locale, come Jairo Campos, attualmente alle prese con un infortunio al tendine d’Achille, e il duo dell’Emelec Jorge Guagua- Gabriel Achilier. A completare il reparto Óscar Bagüì ed il terzino sinistro del Fortuna Düsseldorf, Cristian Ramírez, il più giovane del gruppo con i suoi vent’anni. Più rosea, a livello qualitativo e quantitativo, la situazione dalla metà campo in su: al centro fanno coppia fissa Segundo Castillo, trentunenne dell’Al-Hilal con compiti più difensivi, e Christian Noboa, talentuoso centrocampista attualmente alla Dinamo Mosca. Il punto di forza della squadra, però, risiede nei due esterni. A destra Antonio Valencia, certamente il giocatore più conosciuto della Tri: al Manchester United ha preferito cedere la maglia numero 7 a causa della pressione eccessiva, ma per la sua nazionale ha dovuto fare uno sforzo e accettare la fascia da capitano. Questa è stata la scelta del ct all’indomani della morte di Benítez, giocatore cui Toño era molto legato fin dagli anni in cui entrambi vestivano la maglia di El Nacional: a lui, che sulla spalla sinistra ha tatuato nome e numero del compagno scomparso, il compito di onorare il Chucho. La fascia sinistra sarà invece appannaggio di Jefferson Montero, forse il giocatore da cui è lecito aspettarsi di più: suo è stato il gol decisivo contro l’Uruguay, sue le prestazioni che hanno fatto la differenza in più di un’occasione; rapido, spettacolare nel dribbling e pericoloso per qualsiasi difensore avversario, un mondiale ad alti livelli potrebbe catapultarlo dal Morelia all’Europa che conta, dove sono diversi i club che da tempo lo seguono. A Rueda non mancheranno, in questa zona del campo, alternative più che valide: per Edison Méndez, due mondiali alle spalle e recordman di presenze con la Tri tra i giocatori in attività, parlano la storia (sua la rete alla Croazia che diede all’Ecuador la prima vittoria ad un mondiale), e l’attualità al Santa Fe; ma non vanno dimenticati Renato Ibarra, ala classe ’91 del Vitesse, spesso utilizzato a partita in corso, il suo coetaneo Fernando Gaibor, promettente playmaker dell’Emelec, e Luis Fernando Saritama, centrocampista centrale trentenne, tra i sei reduci di Germania 2006 . A guidare l’attacco sarà Felipe Caicedo, che dopo sette anni in Europa ha scelto di accasarsi all’Al-Jazira negli Emirati: mossa che ha fatto storcere il naso a qualcuno, ma è indiscutibile il suo apporto in termini di gol, ben sette in nove gare giocate durante le qualificazioni. Meno chiaro è chi affiancherà Felipao, andando ad occupare il posto che, nei piani di Rueda, avrebbe dovuto essere di Benítez. Volendo insistere con due vere e proprie punte, il nome più logico sarebbe quello di Jaime Ayoví, cugino di Walter, molto utilizzato all’inizio delle qualificazioni, ma non esattamente una macchina da gol; al momento il candidato principale ad una maglia da titolare è Enner Valencia (nessuna parentela con Antonio), giocatore rivelazione dell’ultimo campionato ecuadoriano, nato come esterno offensivo, abile a muoversi tra centrocampo ed attacco e, se le recenti prestazioni con il Pachuca non mentono, migliorato anche davanti alla porta. Se i vari arieti convocabili non passano un buon momento, come ha più volte ripetuto lo stesso ct lamentando l’assenza di un goleador affidabile, i giocatori di talento in grado di ricoprire vari ruoli tra la trequarti e l’attacco abbondano: da Fidel Martínez, seconda punta con cresta e qualità tecniche importanti, soprannominato da qualcuno “il Neymar ecuadoriano”, all’ala destra del Cruz Azul Joao Rojas, al centrocampista offensivo Michael Arroyo, detto Gambetita, che a suon di gol con la maglia dell’Atlante sta cercando di conquistarsi un posto nell’aereo per il Brasile. In panchina, con il compito di ripetere i risultati di otto anni fa, c’è Reinaldo Rueda, colombiano come gli altri due commissari tecnici che hanno guidato la selezione ecuadoriana ai mondiali: Hernán Darío Gómez nel 2002, Luis Fernando Suárez nel 2006. Alla guida della Tri dal 2010, sommerso dalle critiche dopo la Copa América 2011, chiusa con un solo punto e l’eliminazione al primo turno, ha dalla sua una certa esperienza con le nazionali: dopo aver allenato le selezioni giovanili e quindi la nazionale maggiore colombiana, ha conquistato con l’Honduras la qualificazione ai mondiali sudafricani. Esperienza, quest’ultima, che gli potrà tornare utile, visto che la nazionale centroamericana sarà tra gli avversaridell’Ecuador nel girone E. Difficilmente lo vedremo rinunciare, almeno come modulo di base, al 4-4-2, che permette ai suoi di sfruttare al meglio il gioco sulle fasce.

Leggi anche questi...