FC Lugano, Noam Baumann: «All’inizio della carriera mi svegliavo con la sensazione di aver deluso chi credeva in me»

scritto da Claudio Paronitti

Prima la crescita nelle squadre giovanili del Lucerna, poi il passaggio allo Zugo 94 e al Wil. Infine, da metà marzo 2018 difende la porta del Lugano. Stiamo parlando del 24enne estremo difensore Noam Baumann, che ha rilasciato un’interessante intervista al portale transfermarkt.ch, al quale ha raccontato come ha vissuto le esperienze che la vita gli ha riservato

Il periodo in cui giostrava tra i pali dello Zugo 94 è il primo argomento di discussione. Allora, la sua carriera era appena iniziata e farlo dalla quarta divisione non è stato affatto semplice: «Quel periodo è stato molto difficile per me, ma molto utile perché è stata la scuola più dura che uno possa frequentare come calciatore professionista. Lì, ti conosci l’un l’altro, sai benissimo quali sono i tuoi punti di forza e quelli deboli solo quando scendi sul terreno. A volte, ci sono stati momenti in cui mi alzavo la mattina sentendomi una nullità. Mi sentivo come se avessi deluso la mia famiglia e le persone che mi hanno sostenuto per anni. A un certo punto mi sono detto: è la tua vita e non devi dar potere sulla tua vita ad altre persone. E solo perché qualcuno dice che non sei abbastanza bravo non significa che non lo sei veramente. Dopo aver iniziato ad allenarmi come impiegato sportivo per proteggermi, tutti pensavano che, un momento o l’altro, avrei rinunciato. Io non mi sono arreso, l’ho visto come quando lo starter di una gara dà il via. Ho lavorato più duramente su me stesso che su tutti gli altri e mi sono reso conto dei miei punti di forza».

Superato quegli istanti, egli vede il calcio in modo diverso. «Ero abituato a mettermi sotto pressione estrema, volevo fare tutto alla perfezione. Anche se ho giocato bene, non è stato abbastanza buono. Nel frattempo sono diventato molto più calmo e rilassato, forse ha aiutato anche il fatto di aver lavorato con un mental coach. Ne ho passate tante, da allora non ho più lasciato che la paura mi controllasse. Bisogna apprezzare e amare naturalmente la professione di calciatore professionista, non è necessario lavorare in una fabbrica o in una cava. Tuttavia, servirebbe rendersi conto che è solo un gioco. Non dobbiamo mai sentire pressioni e nemmeno paura. E questo anche se commettiamo un errore. È un singolo errore e c’è ancora tempo per appianarlo. E siamo sinceri: il portiere ha la posizione più rilassata del gioco, dobbiamo solo respingere la palla, con la faccia se necessario».

Le emozioni che si vivono all’interno e all’esterno del terreno di gioco devono essere poi vissute in maniera del tutto differente… «I miei tatuaggi mostrano parte della mia vita. Non ho un tatuaggio preferito in assoluto, ma piuttosto ognuno di loro mostra che la fede e la famiglia giocano un ruolo importante nella mia vita. Io non devo necessariamente essere in pubblico per essere felice. Il calcio vive delle sue emozioni e, per come la vivo, a volte “esplodo”. Dopo le partite penso spesso tra me e me: “Noam, la prossima volta rilassati e non sgridare né l’avversario né l’arbitro”. E per un momento penso di nuovo tra me e me: “Questo è il mio stile di gioco e sarebbe sbagliato, fingere e non far uscire le proprie emozioni”».

La chiosa dell’incontro riguarda il futuro di Noam Baumann, che potrebbe essere in un campionato di livello europeo: «Ovviamente, uno dei miei grandi obiettivi è giocare in un massimo torneo continentale. Però, non ha senso speculare su cose che potrebbero accadere più in là nel tempo. Io devo solamente concentrarmi sulla prossima partita e fornire una prestazione adeguata. Questo è l’unico modo per raggiungere il mio obiettivo, non occupandomi delle voci di mercato. Se la mossa funziona in questa stagione, va bene, altrimenti non mi fascio la testa. Ci sono sicuramente posti peggiori di Lugano per giocare e vivere il calcio».

 

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