Calcio regionale

Calcio regionale ticinese

Allenatori soli, squadre dimenticate, giovani lasciati in disparte: dietro la faccia nobile dei club c’è un calcio che vive di sacrifici e passione.

Nel calcio regionale ticinese esistono tante realtà silenziose, dimenticate o semplicemente trascurate. Non sono le prime squadre — quelle che compaiono nei comunicati, nelle foto e nelle cronache della domenica — ma le seconde squadre e, spesso, i settori giovanili. Eppure, sono proprio loro a tenere vivo il tessuto sportivo di tanti club.

L’ombra dietro la prima squadra

Ogni società ha la sua “prima squadra”, quella che riceve le attenzioni maggiori, le risorse, l’organizzazione e il sostegno dei dirigenti.

Più ci si avvicina a quel livello, più tutto appare curato: staff completo, materiali nuovi, strutture in ordine.

Ma appena si scende di un gradino, cambia il mondo.

Le cosiddette “squadre B” — quelle di Terza o Quarta Lega — vivono spesso ai margini.

Allenatori soli, che fanno da autisti, magazzinieri, segretari e persino lavandai.

Squadre che viaggiano senza dirigenti al seguito, che preparano da sole il campo e gli spogliatoi, e che a volte devono rinunciare persino alla bottiglia di tè tra primo e secondo tempo perché nessuno ha il tempo o la possibilità di pensarci.

Eppure, quei giocatori scendono in campo con la stessa passione, la stessa voglia, la stessa dignità di chi gioca nei livelli superiori.

Solo che, troppo spesso, nessuno se ne accorge.

Iscrivere una seconda squadra è una responsabilità, non un’abitudine

Prima di iscrivere una seconda squadra, una società dovrebbe fermarsi a riflettere.

Ci sono i giocatori giusti per portare avanti una stagione intera? O il solo obiettivo è la (o le) birretta post-allenamento? Mi sembra di capire che potrebbe anche essere questo l’ago della bilancia per iscrivere o meno una seconda squadra..

Ci sono allenatori e collaboratori disponibili, costanti, motivati?

C’è qualcuno che segua la parte logistica, organizzativa, e che garantisca serietà e continuità?

Perché iscrivere una squadra “B” solo per far numero o per riempire una casella non serve a nessuno — anzi, può diventare un grande peso fisico ed emotivo per chi ci mette l’anima.

Una squadra, qualunque essa sia, deve poter allenarsi seriamente, sentirsi parte del progetto e non un esperimento da mantenere in vita a fatica.

Non si tratta di quantità, ma di qualità umana e organizzativa.

Non tutte le squadre sono uguali

Va anche detto: non tutte le seconde squadre vivono questa realtà.

Ci sono società che hanno saputo creare strutture solide, dove la squadra “B” è rispettata e funziona in modo impeccabile.

Addirittura ci sono squadre di veterani o di Quarta Lega gestite con una professionalità esemplare — perché quella è la loro “prima squadra”, il loro cuore sportivo.

Ma la tendenza generale resta evidente: le prime squadre sono le più supportate, e tutto ciò che sta intorno — la seconda squadra, gli allievi, i più piccoli — tende a ricevere meno attenzioni, meno presenza, meno cura.

I settori giovanili: la stessa storia, con volti più piccoli

Il discorso vale anche per i settori giovanili.

È vero, nei più piccoli l’obiettivo è il divertimento, la crescita e l’educazione sportiva, non la competizione (ma non sempre).

Ma anche lì si percepisce spesso la stessa disattenzione.

Allenatori appassionati, che fanno il possibile con pochi mezzi, orari difficili e spazi limitati, portano avanti un lavoro fondamentale: formano persone, non solo giocatori.

Eppure, anche loro troppo spesso vengono lasciati ai margini delle priorità.

Ma il calcio vero, quello che insegna la vita, nasce proprio da lì, nei campetti dei bambini e nelle categorie “dimenticate”.

Il valore della dignità

Alla fine, tutto si riduce a una parola: dignità.

Ogni squadra, grande o piccola, merita rispetto.

Ogni giocatore, ogni allenatore, ogni collaboratore rappresenta la società intera, e da come viene trattato si misura la qualità del club.

Chi allena una seconda squadra o segue un gruppo di Allievi non lo fa per gloria o denaro: lo fa per amore del calcio.

E una società che non sa riconoscere e sostenere questo impegno, perde qualcosa di fondamentale: la propria identità sportiva.

Guardare più in basso per crescere più in alto

Il calcio ticinese è pieno di persone che lavorano nell’ombra, con passione, senza chiedere nulla in cambio.

Allenatori, accompagnatori, genitori, giocatori.

Sono loro a tenere in piedi le società, a dare continuità e senso di appartenenza.

E forse, prima di investire tutto sulle “prime squadre”, bisognerebbe ricordarsi che il calcio cresce solo se crescono tutti.

Perché una società vale davvero non per i gol della sua prima squadra, ma per il rispetto che mostra verso chi lavora lontano dai riflettori. E volontariamente non ci siamo espressi su eventuali rimborsi per chi ha a cuore questo tipo di calcio.

E una volta diventate vecchie, dopo aver dato l’anima, queste persone, la maggior parte, finiscono nel buio e ricordate solo da pochissimi altri.

Il Direttore di Chalcio.com

Walter Savigliano

Leggi anche questi...

error: Ciao, non è possibile copiare il testo. I testo che leggi è creato da giornalisti che impiegano tempo per farlo. Se lo fai anche tu ci saranno più testi diversi che i lettori potranno leggere. Ciao!?
Chalcio.com
Info Privacy

Questo sito Web utilizza i cookie per consentirci di offrire la migliore esperienza possibile ai nostri utenti. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.

È possibile regolare tutte le impostazioni dei cookie navigando le schede sul lato sinistro.