BCL, Chiasso, Lorenzo Colombo: «Ci manca la quotidianità, ma ne usciremo rafforzati. E il migliore che ho allenato è…»

scritto da Claudio Paronitti

Svanita la passione da calciatore molto presto, per Lorenzo Colombo (nella foto a sinistra del collega Nicola Muto) si è aperto un mondo nuovo, sempre comunque all’interno della sfera legata al pallone

In questo periodo in cui gli impianti sportivi sono chiusi, il giovane allenatore dei portieri ci ha concesso un’intervista, in cui ha spaziato su vari argomenti, dall’attuale problematica del COVID-19 ai momenti vissuti in Ticino, un Cantone dove sta proseguendo la sua ancor giovane carriera di formatore. Attualmente, svolge le mansioni di coordinatore tecnico degli estremi difensori rossoblù.

Lorenzo Colombo, inizierei questa intervista con una semplice, ma significativa, domanda: come sta vivendo questi giorni particolarmente complicati per tutti noi?

«Sentire ogni giorno la situazione in cui ci troviamo e stiamo vivendo mi lascia un pochino preoccupato, ma sono certo che ne usciremo presto e in maniera positiva. Tutta questa situazione ci fa capire quanto ci manca poter vivere la quotidianità, come il socializzare, darci una pacca sulle spalle, stringerci la mano e altro ancora. Purtroppo stiamo combattendo contro un nemico invisibile che ci mette a dura prova».

In questo nefasto periodo per tutto il pianeta, ci si interroga su quando potremo ritrovare la nostra normalità, che ci è stata reclusa dall’infido Coronavirus. Nonostante la sfera di negatività che ha portato questa epidemia, lei vede qualche punto positivo e di svolta per la nostra società?

«In questo periodo negativo di punti positivi purtroppo ne vedi pochi, perché con tutte le notizie negative che si sentono è davvero dura, ma mi lasciano delle ottime speranze per il futuro, in quanto sto notando molta unione tra le persone e vicinanza verso chi è stato colpito, cercando di aiutare sempre il prossimo».

Passando alla sua carriera da calciatore, lei ha vestito le maglie di Udinese, Novara e Siena. Dopodiché, ha dovuto appendere gli scarpini al chiodo molto presto. Quale fattore l’ha fatta propendere per questa decisione?

«I miei trascorsi come calciatore mi hanno fatto crescere velocemente. Devo solo ringraziare società come Udinese, Novara, Siena, perché in tutte queste ho trovato ottimi preparatori che mi hanno formato nella conoscenza del ruolo del portiere. A 28 anni intrapresi il percorso da allenatore dei portieri con il calcio giovanile. Dopo pochissimo tempo capii che la mia passione da calciatore svaniva e subentrava quella da allenatore, che consisteva nell’insegnare, nel correggere e nel sostenere a livello mentale. Insomma, nel cercare di “tirar fuori” il massimo dal portiere. In poche parole è come se si volesse creare un progetto e realizzarlo».

Per ciò che concerne la carriera di allenatore dei portieri, essa è stata avviata all’Enotria e nel settore giovanile del Legnano. In seguito, vi è stato il passaggio al Lugano, dove con Luca Redaelli, ha allenato le ragazze bianconere, e poi al Chiasso, al fianco di Nicola Muto. Quali sono i maggiori insegnamenti che ha ricavato da tutte queste esperienze?

«Aver iniziato in club come l’Enotria e il Legnano è stato fondamentale, poiché mi era concesso anche sbagliare e vivere l’insegnamento senza paura. Una volta arrivato a Lugano, l’incontro con mister Luca Redaelli è stato importante. Tutti i giorni sul campo acquisivo novità calcistiche, in quanto mi veniva concessa l’opportunità di affiancarlo e apprendere; in definitiva, cosa volesse dire essere “un professionista completo”. Vorrei citare che nei due anni a Lugano affrontai un bellissimo progetto con il Football Lugano Femminile, dove con un meraviglioso staff arrivammo pure alla finale di Coppa Svizzera.

Parlando di Chiasso ora, che è il mio presente, il club e nella fattispecie il direttore generale, dott. Nicola Bignotti, che crede nei giovani, mi dà la possibilità di fare questa esperienza, per la quale sarò sempre grato. Nella stagione 2018-2019 incontro mister Nicola Muto, con cui collaboravo nella programmazione della crescita dei nostri portieri. Un lavoro completo che parte dalla programmazione della settimana al dettaglio delle sedute di allenamento e per finire allo studio dell’avverario. Insomma, un lavoro molto preciso per la formazione di un estremo difensore. Durante l’anno è arrivata la convocazione nella nazionale liberiana di Anthony Mossi. C’è stata grande soddisfazione, e in particolar siamo stati molto felici per l’ottimo finale di stagione nel quale ha giocato Alessio Bellante, che ha dimostrato il suo valore sul campo contribuendo alla salvezza. Vorrei concludere che nella stagione corrente si sta lavorando molto bene anche con Enrico Malatesta, il quale si sta dimostrando sempre disponibile nel confronto calcistico».

Tra gli estremi difensori che ha avuto il piacere di allenare, ve ne è uno in particolare che l’ha sorpresa?

«Nella mia giovane carriera di allenatore posso dire di aver avuto il piacere di allenare molti giovani di talento con ottime qualità sia tecniche e atletiche, tra cui i portieri di questa stagione a Chiasso. Però, per quanto mi riguarda, vorrei ricordare Francesco Russo. Vedere un giocatore non più di giovane età avere grande entusiasmo e immensa applicazione mi ha fatto capire la vera qualità di un professionista, ovvero la costanza in tutto quello che si fa. Questa qualità infatti la vorrei vedere in molti giovani di adesso, così da identificarsi e migliorare giorno dopo giorno senza porsi limiti».

Quali sono le sue aspettative per il futuro? Le piacerebbe condividere un’altra avventura nel nostro Cantone?

«A Chiasso mi trovo bene, quindi pensare di rimanere nel Cantone per me sarebbe una grande cosa e un piacere immenso, visto che ormai da qualche anno lo vivo, mi trovo bene e il modo di relazionarmi. A partire dalla FTC e a tutti gli altri ho riscontrato grande professionalità e grandi risorse umane, ragioni per cui spero di rimanere».

Infine, se la sente di inviare un messaggio ai nostri lettori e a tutto il pianeta calcio, affinché capisca cosa conta realmente nella vita?

«Concludo dicendovi che qualsiasi sport si pratichi va affrontato rispettando le regole e nel grande rispetto dell’avversario. Ricordatevi che l’autostima e la tenacia sono componenti importanti. Magari non raggiungerete l’obbiettivo del professionismo, perché per motivi diversi non ci siete riusciti, ma nella vita potreste essere delle grandi persone e togliervi soddisfazioni ancor più grandi che non immaginate».

Foto Flavio Monticelli.

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